La dieta si fa contenendo le quantità non la qualità

25 marzo 2013

Tajine di Pollo ruspante con carciofi

I cocci in genere sono la nostra passione. La terracotta è la materia di cui è fatto il pentolame tradizionale della Puglia e del meridione d'Italia in genere, come le nostre Tiedd, Tist, Tin, Tiane, Pignate e Pignatidd, tutti fatti per una cottura lenta e paziente, perciò siamo stati da sempre affascinati dalla tajine o meglio come abbiamo appreso dal tajine.
Ormai è facile procurarsene con tanti negozi etnici che ci sono in giro, non costano neanche molto, la nostra, per 5 o 6 commensali, l'abbiamo pagato € 16,50, dopo lunghissima trattativa.
 
In linea di massima conoscevamo a che genere di cottura tale strumento fosse più adatto, avendo visto qualcosa in TV e letto un pochino in giro; in sostanza si possono preparare dei buoni stufati, piuttosto speziati secondo i gusti, di carni con verdure, piatti che a noi generalmente piacciono, il tutto con poco condimento aggiunto, sfruttando la capacità di concentrazione e condensazione dei vapori, prodotti durante la cottura stessa, grazie al coperchio a campana che sviluppa un notevole volume sovrastante. Ci siamo affidati alla rete per una ricerca basata sugli ingredienti che avevamo disponibili, fondamentalmente un buon pollo ruspante e dei carciofi. La scelta, piuttosto ampia, è caduta sulla ricetta di Anna Maria Pellegrino del blog La Cucina di [qb] (http://www.lacucinadiqb.com/2011/04/tajine-di-pollo-profumato-con-carciofi.html), più che altro per il commovente racconto che introduceva alla ricetta vera e propria e poi perché "quanto basta" è una delle espressioni più belle che si possa usare in cucina. E' vero che presuppone una certo bagaglio di esperienze, non si può sapere quanto basta se non s'è sperimentato ma, una grande verità bisogna pur avere il coraggio di dirla, non si può cucinare se non si è acquisita una certa esperienza. Vecchio motto quanto mai calzante: sbagliando s'impara. Bisogna trovare dei soggetti che per fame o per amore siano disposti a rischiare, il tempo di sopportazione di questi sarà la misura oltre che della loro fame o amore, anche della vostra predisposizione ad apprendere e serietà di applicazione. Se vedrete farsi il vuoto intorno, datevi una regolata.
Devo dire che con Anna Maria siamo entrati subito in sintonia, abbiamo avuto infatti un piacevolissimo scambio di commenti. Ora passiamo alla preparazione, abbiamo anche parlato troppo.

Ingredienti per quattro commensali (tra parentesi gli ingredienti di Anna Maria che non abbiamo  utilizzato per mancanza o per scelta, di seguito quello che abbiamo utilizzato):
un chilogrammo circa di Pollo ruspante - otto carciofi piccoli di stagione - uno spicchio di aglio
due o tre (cipollotti) sponsali - due cucchiai di nostre olive (nere) in bottiglia 
due cucchiai di Olio EVO - un limone non trattato - mezz'etto di zenzero fresco (nostra aggiunta) 
un cucchiaio di semi di coriandolo - due cucchiai di (basilico) menta fresca pestata al mortaio 
quanto basta di sale fino e pepe macinato fresco - uno o due bicchieri di brodo (vegetale) di pollo
una manciatina di Pepe Verde e Rosa in grani 

Al di fuori di questa ricetta vera e propria abbiamo iniziato con il preparare il pollo, due veri ruspanti del contadino. E' stato necessario perfezionare la spennatura, fiammeggiare i peluzzi, quindi lavarlo, scolarlo ed asciugarlo. Quindi con zampe, preventivamente sbollentate e spellate, teste con colli, punte delle ali, carcassa superiore senza petti, ne' spalle e neanche ali, se non le punte, ma con pelli eccedenti, due o tre coste di sedano, altrettante carote, una o due cipolle, infilzate con due o tre chiodi di garofano ed abbondante acqua, abbiamo messo a bollire un buon brodo di pollo, che non saliamo perché probabilmente ci servirà anche per qualche risotto e vogliamo evitare le complicazioni. le verdure sono state aggiunte, naturalmente, a cottura avviata e schiumatura eseguita all'inizio, prima che l'ebollizione mischi tutto. In questo brodo a cottura quasi ultimata bolliremo i petti di pollo sani per poi utilizzarli per altro. Questo non farà altro che aggiungere sapore al brodo, che è sempre bene avere a disposizione in frigo. Lo teniamo in bottiglie piccole di minerale, che, regolarmente conserviamo.

Prima operazione da compiere, vera e propria della ricetta, è la pulizia dei carciofi, essendo piccoli, siamo ormai alla fine della produzione, da ognuno abbiamo ottenuto quattro spicchi, messi poi in acqua con un limone leggermente spremuto e poi tagliato a pezzettoni, abbiamo lasciato in parte i gambi, sono la parte migliore. 
Abbiamo sezionato un pollo e mezzo, tolti i petti, ottenendone una decina di pezzi dal resto, con un totale di quattro cosce essendo quella posteriore la metà aggiunta. I pezzi di pollo, precedentemente lavati, scolati, asciugati, sono stati posti a soffriggere scoperti nel tajigine con solo due cucchiai di Olio Extra Vergine di Oliva. Una lenta e dolce soffrittura estrarrà tutto il grasso del pollo e la successiva cottura avverrà in esso. 

Ricordiamoci di mettere, come con tutte le terrine, una piastra in ghisa o uno spargifiamma. L'ideale per la cottura in tajine è la fiamma dei carboni, che non deve però toccare il fondo e che naturalmente pian piano si attenua, dando una cottura iniziale violenta, che s'addolcisce man mano che si procede e i carboni si ricoprono di cenere, per diventare flebile alla fine. Con il fornello dovremo cercare di ricreare tutto questo.

Si potrebbe optare per una scolatura quasi totale del grasso formatosi ed una nuova aggiunta d'olio evo, scelta probabilmente auspicabile per una preparazione, forse, più sana, ma, sicuramente, meno sapida, non dimentichiamo che stiamo usando un pollo ruspante, dal poco ma buon grasso derivante da naturale sana alimentazione e movimento, non ultime ci sono anche motivazioni d'ordine tradizionale, stiamo facendo una ricetta di questo tipo e non me li vedo proprio dei magrebini, ma anche dei nostri ascendenti, buttare tale e tanta "grazia di dio". Mia madre usava conservare, pratica anche attuale di tutte le cucine di ristorante, tutti i grassi in eccesso per arricchirne poi varie cotture di legumi, verdure, ecc... Ricordo i "ruoti" di patate al forno o in padella che sprigionavano profumi di agnello, capretto, pollo senza ombra di carne. Noi cerchiamo di non dimenticare ma solo adeguare ai tempi moderni, non è detto che i grassi della cottura, quelli sul fondo del tegame debbano essere mangiati. Provato mai a farne basi per risotti? Il Risotto alla Milanese nasce con il grasso avanzato dall'arrosto.

Torniamo al tajine dove alla carne rosolata da ogni parte con attenzione ed usando posate in legno, uniamo aglio, sponsali tritati e brodo di pollo, preriscaldato, tanto da lasciarla solo poco scoperta. La cottura continuerà a fiamma medio bassa per una ventina di minuti; ricordiamoci che abbiamo a che fare con un pollo ruspante, molto dipende dai passi e svolazzi consentitigli a suo tempo. Questa volta che il coperchio sia ben sistemato a fare il dovere per cui è nato ed ha avuto quella sua particolare forma, essa crea una camera di vapori, questi condensandosi a contatto con la parete più fredda, tornano al tegame.

Qualcuno, non pugliese o lucano, si starà chiedendo cosa siano gli sponsali, si tratta di cipolle giovanissime che, non avendo ancora accennato a formare la testa, si presentano come porri, solo molto più piccoli; in realtà sono cipolle che vengono coltivate apposta per essere consumate crude, alla brace o per fare i nostri Calzoni (clicca per ricetta) o focaccia con cipolla come dir si voglia.


A questo punto dovremmo essere giunti ad una cottura media della carne. Aggiungiamo le olive punte con i rebbi della forchetta, profumate, nel nostro caso, di mirto e finocchietto, ed i carciofi facendoli andare sotto la carne. Riceveranno così più calore, essendo più vicini al fondo del tegame, e saranno ben bagnati dall'intingolo che intanto s'è formato. La carne sovrastando continuerà la cottura avvolta dai vapori. Pepiamo con Pepe nero appena schiacciato, saliamo tenendo presente l'aggiunta delle olive, notevolmente saporite, spargiamo di grani di Pepe Nero, Verde, Rosa e Coriandolo. Rimettiamo il coperchio e sempre a fiamma moderatissima cuociamo per una ventina di minuti ancora, i carciofini di fine stagione sono belli coriacei. 
Nel frattempo puliamo per bene una radice di zenzero, la tritiamo finemente al coltello e la pestiamo al mortaio insieme ad una manciata di menta, che proviene dritta, dritta dal nostro terrazzo. 
Sarà bene fare un assaggio per eventuali aggiustatine, le cotture sono quasi al punto giusto, non dovremo che cospargere con il pesto di zenzero e menta e riincoperchiare per un'altra cinquina di minuti, seguiti da altri cinque circa a fiamma spenta. La cottura continuerà per il calore residuo imprigionato nello spessore del tegame di terracotta e la copertura a tenuta stagna del coperchio a campana.

Servendo, bisogna avere l'accortezza di non appoggiare il tegame, che diventa piatto da portata, su superfici fredde o comunque metalliche; è bene usare basi in legno o spessa paglia.

Lascio a voi immaginare quali effluvi si siano sprigionati alla scoperchiatura.
Abbiamo servito questo piatto accompagnandolo con un Cous Cous, di cui vi promettiamo una nostra ricetta per la laboriosissima preparazione, bagnato a tempo debito con brodo di pollo e condito con Olio Extra Vergine di monocultivar Ogliarola di Bitonto e Harissa, una salsa molto piccante dalla semplice preparazione, moderatamente personalizzata. 
Disponiamo sempre di trito di Aglio, Peperoncini e Basilico, una base da cui facciamo il nostro Olio Santo (clicca per ricetta), olio piccante, usato per aggiunte a moltissimi piatti tradizionali pugliesi o lucani, l'Harissa si ottiene aggiungendo a questo trito, piccantissimo, comunque attenuato per l'abbondanza di olio in cui resta lungamente immerso, succo di limone e, disponendone, un trito finissimo di Peperoni secchi o freschi dolci, otteniamo così una buona Harissa, che, secondo i gusti, arricchiamo anche con Menta e/o Basilico pestati al mortaio, con eventuale aggiunta ulteriore di Aglio.



18 marzo 2013

Risotto alle Ortiche e Ragusano

Con le solite ortiche che crescono copiose sul mio terrazzo anche quest'anno ci concediamo un bel Risotto alle Ortiche. Quest'anno vogliamo fare però qualche variazione sul tema.
Da poco alla nostra, già numerosa famiglia di cocci se n'è aggiunto un'altro, un bel tegame calabrese, l'abbiamo già sperimentato con un Orzotto alla Borragine, parente stretto del risotto, ma con molto meno amido e vogliamo saggiare la golosità del fondo con la prova del nove delle cotture.
Abbiamo anche trovato, cosa piuttosto rara, dell'eccellente Caciocavallo Ragusano, molto ben stagionato, vogliamo provare a mantecare il nostro risotto, sarà così ancor più un Risotto Mediterraneo, dato che già lo facciamo con solo Olio Extravergine d'Oliva Ogliarola di Bitetto.
Ingredienti per 4 persone:
una carota - una cipolla dorata - due coste di sedano - un mazzetto di Ortiche freschissime 
tre etti e mezzo di Riso Carnaroli - una cipolla bianca fresca 
un bicchiere scarso di vino bianco e secco - una dozzina o poco più di cucchiai di Olio EVO 
tre manciate di Ragusano grattugiato - quanto basta di Sale Grosso e Pepe Nero appena macinato

Pulita l'ortica, separandone le cime più belle messe da parte, ne abbiamo messo i rami e le foglie con carota, sedano e cipolla a bollire, partendo da acqua fredda per farne un gustoso brodo vegetale con già un deciso sapore di ortica. Per esser pronto dovrà bollire almeno una buona oretta.

Quando siamo quasi pronti, cominciamo a tritare finemente la cipolla. Solitamente per i risotti e non solo, la facciamo grossolana per toglierla più facilmente una volta che ha ceduto tutto il suo cedibile all'olio, facciamo così dei soffritti più leggeri, questa volta trattandosi di cipolla fresca la vogliamo lasciare. Mettiamo la cipolla in quattro cucchiai d'olio e a fiamma bassissima la facciamo brasare dolcissimamente, ci vorrà un buon quarto d'ora, anche il coccio vuole i suoi tempi per entrare in temperatura.
A cipolla appena colorata, aggiungiamo il riso ed alziamo la fiamma, vogliamo che la tostatura sia rapida. Rimestando aspettiamo che il riso suoni d'asciutto. Vicino al fornello abbiamo sistemato un mezzo bicchiere abbondante di buon Bianco Martina. Era sano ma prima che si scaldasse abbiamo assaggiato se era proprio quello giusto, era quello giusto. Appena il riso suona gli facciamo cambiar musica, sfumandolo con il vino, sfrigola mentre il vino evapora rapidamente aiutato da una vigorosa rimestata.
Rimaniamo ad attendere che del vino non ci sia più traccia ne odore e facciamo seguire due o tre mestoli di brodo. Rimestando di tanto in tanto, facendo fare al cucchiaio, rigorosamente di legno, degli ampli otto, che, passando dal centro del coccio impediscono ogni tentativo di aderenze.
Si va avanti così, aggiungendo un mestolo di brodo e rimestando fino ad assorbimento totale. Che il mestolo successivo non veda il brodo precedente.
A due terzi di cottura aggiungiamo un po' per volta le cimette, evitando che s'ammassino tutte insieme e saliamo.
Quando il riso è ben al dente, correggiamo la densità, il risotto deve essere abbondantemente all'onda, dovendo aspettare ancora quei buoni cinque minuti per impiattare. Spegniamo e mantechiamo con il rimanente olio, questo servirà anche a fermare la cottura, il coccio tende a continuarla, noi vogliamo sfruttarne l'effetto stufatura ma non vogliamo che scuocia ne che ci rovini il formaggio, che facciamo seguire, rimestando ben bene e favorendo una certa perdita di calore. In ultimo una bella impepata, un riposino di qualche minuto e poi via a gustare questa magnificenza di esplosione mediterranea. Il Ragusano ha sprigionato tutto il suo gusto da prati di montagne poste al centro del Mediterraneo.
Il riso è o non è un dono degli arabi, che l'impiantarono innanzitutto in Sicilia e poi venne pian pianino su, trovando solo, dopo molto tempo, la sua zona d'eccellenza mondiale nella valle del Po.


16 marzo 2013

Agnello al Camino

Mesi ideali per questo piatto: Febbraio, Marzo, Aprile, Ottobre, Novembre

Preferibile per questa preparazione un animale piccolo che totalmente non superi la decina di chili, meno si più no. Le parti? tutte. Sembrerebbe più facile la cottura del quarto anteriore, essendo più sottile, rispetto alla coscia per cui potrebbe spaventare l'incertezza della cottura interna. Il punto è che la cottura deve avvenire al riverbero della fiamma, deve quindi essere lenta, in questa maniera la cottura arriverà al fondo, ricordando che l'osso è un eccellente conduttore.


Sotto alla carne in cottura, sistemata con spiedi o attrezzi simili, va messo un recipiente, che, oltre ad evitare di sporcare in modo esageratissimo, ci consente di raccogliere i grassi che colano durante la cottura, che diventano condimento di cui va sempre irrorata la carne in cottura. Per far questo usiamo o un semplice cucchiaio o dei ciuffi di erbe profumate come rosmarino, salvia o altro.

15 marzo 2013

Costine di Agnello dorate e fritte

Mesi ideali per questo piatto: Febbraio, Marzo, Aprile, Ottobre, Novembre

Per sfuggire alla monotonia del solito Agnello o Capretto al Camino o Al Forno con le Patate proviamo a fare queste costolette Dorate e Fritte? Cosa occorre per rare queste quattro costolette?

un uovo intero - qualche cucchiaio di farina 0 - qualche cucchiaio di pangrattato ben asciutto
quanto basta di sale fino e pepe nero appena macinato - olio evo per friggere

Separate bene le costine, ne va pulita ben bene la stecchetta d'osso, che in questa sorta di finger food diventa il manico, tirando giù verso il resto della polpa la pellicina che la riveste, aiutandosi con un coltellino tagliente o con uno spago annodato e fatto scorrere, si deve anche schiacciare ed allargare un pochino la polpa, facilitando così la cottura e la si spolvera leggerissimamente  di pepe.
Si sbatte leggermente l'uovo e lo si sala opportunamente.
Le Costolette si passano innanzitutto nella farina, in effetti vi si asciugano e vi si incipriano, salvaguardando la Stecchetta d'osso, quindi le si immergono accuratamente indugiando nell'uovo e poi, scolate, si pongono a riposare tra il pangrattato facendovelo rivestire alla perfezione, aiutandolo con una moderata pressione. Se necessario e gradito un rivestimento ancor più spesso e croccante, i passaggi in uovo e pangrattato si possono anche ripetere.
Intanto in una larga padella di ferro si riscalda lentamente l'olio per la frittura, che non deve essere in olio profondo ma in olio che non deve neanche ricoprire le costine poste di piatto. La temperatura deve essere tale da friggere ma non violentemente, la cottura deve dare il tempo al calore di arrivare al centro della carne e cuocerla sia pur lasciandola rosea e succosa.
A cottura raggiunta porle su griglia o, più semplicemente in un colapasta, per permettere di colare eventuale olio, senza limitare l'evaporazione del residuo vapore acqueo.

Varianti possibili possono essere il condire con spezie varie l'uovo, dalle più semplici e naturali di pepe, prezzemolo, origano, rosmarino, alle più ricercate ed esotiche che vedono curry, senape, cumino, ecc . . . Si fanno anche variazioni sul pangrattato con l'aggiunta o la sostituzione in toto o in parte con frutte secche quali mandorle, nocciole, arachidi, farine di mais, castagne, ceci, ecc . . .

13 marzo 2013

Seppie Fritte

Mesi ideali per questo piatto: Marzo - Aprile - Maggio


Ingredienti per quattro persone:
un chilogrammo di seppie fresche - mezzo chilogrammo di semola di grano duro 
un litro di olio d'arachidi - quanto basta di sale - uno o due limoni

Dopo aver ben pulito, lavato, tagliato le seppie, che per questo piatto devono essere anche asciugate e molto bene per evitare che il passaggio nella farina generi inutili impasti.
Passiamo le seppie nella farina rigirandovele ben bene. Dovranno essere ben rivestite ma la farina attaccata ad esse dovrà essere il meno possibile, devono sembrare "incipriate".
Intanto l'olio si starà riscaldando fino ad una temperatura di circa 180°C, la temperatura ideale per friggere, non tutti hanno il termometro ed allora è sufficiente aspettare che si formino le prime bollicine, per conferma basta immergere qualcosa per prova, in questo caso può andar bene una scorzetta di limone, che ci darà anche un buon profumo all'olio ed all'ambiente.

Parliamo anche della scelta dell'olio, solitamente usiamo quello d'Olivo, anche extravergine, questo però per il pesce potrebbe risultare troppo invasivo con il suo deciso gusto, quello d'arachidi, conservando un punto di fumo vicino, è decisamente più neutro nel gusto e, non ultimo, ha anche il vantaggio di costare molto ma molto meno del nostro evo abituale.

Se la scorzetta frigge allegramente è il momento di iniziare. 

Una nota sul recipiente, il materiale deve decisamente essere il ferro o l'acciaio, che trasmettono meglio e più rapidamente il calore. La forma dovrà consentire l'immersione totale del più grosso dei pezzi da friggere, occorre evidentemente che sia sufficientemente profonda.
La frittura dovrà essere continua ed a temperatura pressocché  costante. Per questo si ha bisogno di un fornello grande, che faccia raggiungere facilmente all'olio la temperatura ideale, senza essere necessariamente al massimo, questo ci consentirà di alzarne la fiamma, se necessario, al momento dell'immersione, ciò che si frigge è naturalmente freddo e porta l'abbassamento della temperatura.
Per quanto detto sopra, è evidente che la frittura non va sovraccaricata, non bisogna neanche esagerare però nel contrario. La frittura dovrà avvenire in un tempo sufficiente alla cottura interna oltre che a fare assumere una bella colorazione e croccantezza esterna. In sostanza bisogna calibrare l'aggiunta in padella in maniera tale che ciò che frigge non smetta mai di farlo.

Appena pronta la frittura va messa a scolare, noi siamo per il colapasta e non per la carta assorbente, riteniamo che questo secondo metodo tolga croccantezza impedendo una facile evaporazione di parte della umidità residua, prendiamo con questo esempio dai friggitori per eccellenza, i venditori di Pizzelle Fritte Napoletane o di Panelle Palermitane o di Sgagliozze Baresi, li vedrete sempre mettere i fritti in una sorta di ampio imbuto metallico, che consenta all'olio di scolare ed essere, fra l'altro recuperato per un oculato riuso.
La frittura va mangiata assolutamente immediatamente, ne deriva che qualcuno si deve sacrificare a farla mentre gli altri mangiano. L'alternativa è una enorme padella che consenta una frittura quasi unica. Altri metodi non ce ne vengono. Scegliete voi quale adottare.
A frittura calda una giusta salatura ma solo nell'immediatezza del consumo e per chi piace, a noi no, una strizzatina di limone.

2 marzo 2013

Risotto alla Borragine

Per questa ricetta rimando a quella dell'Orzotto come in generale potrei dire per tutte le ricette di Risotto che possono diventare Orzotti con le accortezze che in quella ricetta suggeriamo, lo stesso vale per la cottura dei risotti nel coccio.
Per la ricetta dell'Orzotto alla Borragine clicca qui

1 marzo 2013

Orzotto con la Borragine

Come ben sapete l'orzotto si fa con l'Orzo Perlato trattandolo come un riso, in questa occasione l'abbiamo fatto con la Borragine, una eccellente verdura campestre di cui parliamo qui. Avendo da inaugurare il magnifico Coccio vinto con il Contest di Max "Un Coccio al Mese" ( http://www.max-blogdimax.com/ ) ho adattato una classica preparazione di Risotto con Verdure all'uso dell'orzo perlato in uno splendido Coccio Artigianale Calabrese.


Ingredienti per quattro commensali:
un chilogrammo di Borragine 
due Carote 
due Coste di Sedano 
una rametto di Prezzemolo 
due Cipolle Dorate
tre etti e mezzo di Orzo Perlato
otto o dieci cucchiai d'Olio Extra Vergine d'Oliva
un bicchiere di Vino Bianco Secco due pugni di Parmigiano Reggiano 
quanto basta di Sale grosso e Pepe Nero macinato


Il lavoro è iniziato con la pulizia della borragine separando le foglie grandi, le piccole e le cime.
Con le foglie grandi ed i loro piccioli, opportunamente spellati, insieme a carote, sedano, prezzemolo e cipolla prepariamo un brodo vegetale, bollendo il tutto per una oretta prima di iniziare la vera preparazione dell'orzotto, sarebbe lo stesso per un risotto, in effetti la procedura è la stessa cambia solo il tempo di cottura dell'orzo, che è quasi doppia di quella del riso e la particolare attenzione che bisogna avere nel rimestare continuamente con poco brodo per volta per estrarre l'amido dell'orzo, che è molto meno di quello di un Vialone Nano o di un Carnaroli.
Circa un'ora prima di andare in tavola iniziamo col mettere a soffriggere dolcissimamente in un coccio di qualità una cipolla dorata, grossolanamente tritata, in due o tre cucchiai d'Olio EVO. Quando la cipolla si è ben appassita la togliamo per avere un piatto di facile digestione, un gusto più delicato ed un sentore più decisamente di borragine, nell'olio profumato versiamo l'orzo, rimestandolo continuamente finché il tipico rumore secco ci farà capire che è ben tostato. Occorre ora sfumare con il vino, non tutto, ne basta una metà o poco più, il resto lo beviamo, per questo il vino deve essere sempre di ottima qualità. Appena il vino è scomparso e l'orzo ricomincia a suonare è il momento di iniziare con il brodo; un mestolo ed una bella rimestata, disegnando dei bei otto, finché il brodo sparisce, ripetendo fino alla cottura.
Ad un terzo della cottura si aggiungono le foglioline di Borragine tritate grossolanamente e a cottura quasi ultimata le cimette perché restino croccanti e saporite, il gusto all'orzotto o risotto che sia lo avranno dato il brodo e le foglioline, le cimette devono dare freschezza e croccantezza.
  A metà cottura si sala e a cottura molto al dente e consistenza ancora piuttosto liquida si manteca con Olio EVO e Parmigiano grattugiato, aggiungendo anche il Pepe Nero macinato al momento.
Per gustarlo si dovranno attendere cinque minuti circa durante i quali l'orzotto riposa ben coperto. Usando un coccio bisogna tener presente la grande capacità di questo materiale a mantenere e restituire gradatamente il calore, questo ci darà una sicura continuità di cottura ed un effetto di stufatura a fine cottura con una armonizzazione dei gusti e dei profumi, avendo l'accortezza di ben coprirlo. Questi i vantaggi ma ci sono anche gli svantaggi o, meglio, accortezze che bisogna avere. Dato che l'ebollizione continua a fiamma spenta, onde evitare di mantecare con l'ebollizione in corso, con la malaugurata cottura del burro o olio e formaggio, si spegne qualche minuto prima e si manteca a ebollizione ferma.
In questo caso abbiamo servito il piatto accompagnandolo con Cime di Borragine Dorate e Fritte
Come detto questa ricetta va bene anche per il risotto, è un piatto perfettamente vegetariano e può essere addirittura vegana se mantecato con solo olio. Può essere fatto anche in maniera meno dietetica, abbondando con Parmigiano, o altro formaggio come caciocavalli e scamorze varie, e olio, addirittura sostituendolo del tutto o in parte con burro di ottima qualità.
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